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User / matteo.procopio / Prendersi Cura - Margherita
Matteo Procopio / 470 items
Margherita, 29 anni, Ortopedica.
Nel senso etimologico stretto, la parola Ortopedia ha un’origine molto bella, romantica. Nasce unendo due parole di Greco antico, le parole “diritto” e “bambino”, in quanto essa aveva come obiettivo quello di correggere le deformità del fisico nei bambini. Fu coniata da Nicolas Andry, professore di Medicina a Lione. Nei suoi testi Andry pubblica anche l’immagine, creata da Antoine Humblot, che poi è divenuta il simbolo della disciplina nel mondo, cioè l’albero torto sostenuto ad un tutore tramite delle corde.

Quando, casualmente, ho letto questa nozione su Wikipedia ho pensato che mi sarebbe piaciuto includere un ortopedico in questa raccolta. Ma sarebbe dovuto essere un ortopedico di quelli importanti, con una forte personalità, di buon sorriso e di vari interessi. Una di quelle persone buone, sempre pronte ad aiutare. E il mio pensiero è corso a Margherita. L’ho rincorsa per un mese, pur essendo lei pronta a immolarsi subito per la causa. Prima il Covid, poi gli smonti-monti notte e i temporali ci hanno ostacolato, ma alla fine ci siamo riusciti. La vado a trovare nel suo reparto temporaneo, dove sono ospiti nell’attesa che finisca l’emergenza Covid19. Andiamo nelle scale di servizio, per scattare. E qui compare la prima difficoltà. Margherita è più alta di me (non che fosse difficile, ndr) quindi devo fare mille contorsionismi per non infrangere la regola base della fotografia, non scattare le foto dal basso per non ingrassare le persone. Perché Margherita è autoironica e buona, ma è anche in forma. Meglio non rischiare le botte.

- Marghe, ora che hai il sole in faccia sei confusa, quindi ti posso fare tutte le domande che voglio! Perché hai scelto di fare Medicina? E perché proprio l’Ortopedica? - “Sai, mi sono sempre piaciute le materie scientifiche, e mi piaceva l’idea di fare un lavoro che fosse utile. Poi è successo, nel senso che ho fatto il test ed è andata. Ma avevo pronto il piano B, che era ingegneria biomedica. Vedi, anche prima di sapere che avrei fatto Ortopedia, c’era un indirizzo verso la protesica!” - Ma quindi la scelta dell’Ortopedia è stata mirata? - “No, è stata una serie di coincidenze. Io sono stata una di quelle indecise fino all’ultimo sulla specialità, pensa che ho chiesto la tesi in ORL all’ultimo anno. Poi mi è rimasta l’impronta chirurgica, mi piaceva l’idea di usare le mani. L’ortopedia mi è stata raccontata da varie persone, conosciute in ambito extra-ospedaliero, e quando si è trattato di scegliere quale specializzazione provare ho tirato un po’ le somme e ho scelto Lei.”

Io sono subdolo, so che Margherita ha fatto un’esperienza umanitaria, e voglio tirarla fuori per aggiungere un po’ di commozione e pathos a questa intervista, quindi le chiedo quale sia il suo più bel ricordo della carriera medica, ma con un occhio di riguardo alle esperienze fuori Parma. E la trappola scatta! “Sai, è legato alla Sierra Leone. E’ stato vedere la reazione di questa ragazza giovanissima, avrà avuto 22-23 anni, che aveva una deformazione del femore e del ginocchio, praticamente aveva tutto l’arto bloccato in flessione e camminava quasi strisciando. Le abbiamo fatto un grosso intervento in cui, con varie osteotomie, abbiamo raddrizzato la gamba. Vedere la sua reazione quando si è svegliata dall’anestesia e ha visto la gamba dritta. Vedere la sua reazione quando, il giorno dopo, l’abbiamo messa in piedi. Beh, è stato un momento molto forte. Ho ancora il video di lei che cammina.”

- Quindi sei andata in missione umanitaria, ma perché ci sei andata? - “Questa è una di quelle cose che avevo dentro già prima di fare medicina, mi ero sempre detta che se avessi studiato medicina sarei voluta andare in missione per vedere come sono le realtà diverse dalle nostre, come ci si può rendere utili, e se fossero delle missioni che ne vale veramente la pena o cose che avessero un senso limitato. Quello che manca in questo genere di esperienze è il follow-up successivo, è il seguire i pazienti dopo. Perché nella nostra pratica seguire il paziente è tutto, non è che quando esci dalla sala finisce il percorso con il paziente!”


- Tu lavori in un ambiente che per decenni è stato prettamente maschile, ora piano piano sta cambiando. Un ambiente anche molto competitivo e ambizioso. Se dovessi descrivere questo mondo che affronti tutti i giorni, con un’immagine, pensiero, canzone, cosa ti viene in mente? - “Welcome to The Jungle! All’inizio volevo dire semplicemente una jungla, poi hai detto canzone e mi è subito apparso in mente il video di Axl Rose che si dimena come sa fare solo lui.”

- Nella Jungla, cosa vuol dire ‘Prendersi Cura’? - “Nel mio ambito vuol dire fare un percorso con il paziente. E’ vero che la mia è una specialità chirurgica, ma il percorso di cura non si esaurisce nel mero atto chirurgico. E’ proprio da lì che parte un percorso di accompagnamento verso la guarigione, perché il paziente lo devi seguire. Lo devi indirizzare nel post-operatorio, per la fisioterapia, lo devi accudire in tutto. E poi, secondo me, è in questo percorso che trovi la soddisfazione del lavoro, è qui che dici ‘Ok, oggi sono contento di aver fatto qualcosa di utile’.

E nel frattempo, la chiamano al cellulare. Indovinate la suoneria? Parte con “Welcome to the jungle, we got fun and games, We got everything you want….
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Dates
  • Taken: Apr 29, 2020
  • Uploaded: May 4, 2020
  • Updated: Nov 25, 2022